Domenica 15 ottobre il vescovo di Como, cardinale Oscar Cantoni, ha visitato il Centro Accoglienza migranti della Croce Rossa a Lipomo, per poi celebrare la Santa Messa con le comunità migranti nella chiesa parrocchiale di Lora.
Domenica 15 ottobre si è celebrato, in Diocesi di Como, un momento di incontro, preghiera e riflessione nel solco della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dello scorso 24 settembre. “Liberi di scegliere se migrare o restare”: questo il titolo scelto da papa Francesco per il Messaggio consegnato alla riflessione della Chiesa universale e della comunità internazionale. «Migrare dovrebbe essere sempre una scelta libera – scrive il Santo Padre –, ma di fatto in moltissimi casi, anche oggi, non lo è. Conflitti, disastri naturali, o più semplicemente l’impossibilità di vivere una vita degna e prospera nella propria terra di origine costringono milioni di persone a partire». Osservazioni e pensieri fatti propri dal Vescovo di Como, cardinale Oscar Cantoni, che ha presieduto a Lora, nella chiesa parrocchiale dei Santi Simone, Giuda, Andrea e Taddeo, la Santa Messa delle ore 10.30. La liturgia è stata animata dalle comunità migranti di Como. A promuovere l’iniziativa è l’organismo pastorale Migrantes della diocesi di Como.
Prima della Messa il cardinale Cantoni si è recato in visita al centro accoglienza migranti gestito dalla Croce Rossa a Lipomo (Co): un’esperienza molto toccante. Ad accompagnare il Vescovo c’erano il prefetto di Como, Andrea Polichetti, insieme ai suoi più stretti collaboratori in tema di migrazioni; il sindaco di Lipomo, Alessio Cantaluppi; i responsabili delle Forze dell’Ordine; i responsabili della Croce Rossa; il personale medico e i volontari; don Giusto Della Valle, responsabile diocesano del Servizio Migrantes.
Quello di Lipomo è un centro di primissima ospitalità, dove i migranti vengono accolti, sono sottoposti a una visita medica per valutare le loro condizioni di salute, ricevono assistenza, hanno la possibilità di apprendere alcuni fondamentali rudimenti della lingua italiana e hanno cibo e alloggio per il tempo necessario a individuare una struttura di seconda accoglienza (CAS) dove essere trasferiti. La permanenza varia da poche ore ad alcuni giorni. Qui arrivano persone singole, minori non accompagnati, intere famiglie con bambini, talvolta anche minori con gravissime disabilità. Il cardinale si è interessato del lavoro svolto da operatori e volontari, che hanno raccontato i drammi di chi hanno accolto, ma anche le loro speranze. Attualmente il centro della Croce Rossa ospita una cinquantina di persone, ma, nei prossimi giorni, sono attesi nuovi arrivi.
«Sono molto colpito dal servizio assicurato in questo centro – ha affermato il cardinale Cantoni –. Si tratta di un vero lavoro di squadra, dove sono impegnate tante professionalità, che si mettono a servizio con competenza e umanità. La mia presenza, oggi, esprime la vicinanza della comunità cristiana, che sostiene il vostro lavoro. A voi che siete giunti qui in Italia – ha detto il Vescovo di Como rivolgendosi ad alcuni dei migranti presenti – auguro di trovare la speranza che cercate, in uno scambio reciproco e fraterno». Uno degli ospiti ha preso la parola per esprimere il grazie di tutti: «a Dio, al Vescovo, alle autorità. Grazie Italia per l’accoglienza e per la pace».
Al termine della visita al centro della CRI, il Vescovo si è recato nella chiesa parrocchiale di Lora per la celebrazione della Santa Messa.
Qui di seguito il testo dell’omelia del cardinale Cantoni.
Omelia nella Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato
Abbiamo appena ascoltato nel vangelo la parabola del re che indice una festa per le nozze di suo figlio. Egli chiama tutti, invita a più riprese i suoi servi a recarsi ai crocicchi delle strade per riempire di commensali la sala delle nozze. Ed essi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni.
È facile paragonare il re che invita tutti alle nozze del figlio a Dio padre che ha a cuore tutti i suoi figli, senza distinzioni o preferenza di sorta. Egli ci vuole partecipi della sua gioia. Offre e dona sé stesso e quindi raduna e chiama a sé gli uomini e le donne, chiamandoci per nome, con un volto specifico e una storia precisa. Questo è il nostro Dio quale Cristo, suo figlio, ce lo ha presentato. Questa è la sua Chiesa, chiamata sempre più a farsi casa di comunione, dalle porte aperte, come ci sta ripetendo il Sinodo dei vescovi in questi giorni.
Ed è facile allora, con queste evidenze, immettermi nel tema specifico per il quale sono qui, accolto da questa Comunità parrocchiale di Lora, che incontro con rinnovata gioia, nella celebrazione della giornata del migrante e del rifugiato, in occasione della quale papa Francesco ha inviato un messaggio su cui riflettere. Saluto anche i migranti qui presenti in rappresentanza di tanti altri, inseriti nel nostro territorio e coloro che se ne prendono cura.
Non è inutile sottolineare che anche il migrante e il rifugiato fanno parte della famiglia di Dio, un fratello e una sorella per i quali Cristo è morto. Come cristiani siamo invitati, ancora di più, a riconoscere nel migrante non solo un fratello o una sorella in difficoltà, ma Cristo stesso che bussa alla nostra porta.
Migrare dovrebbe essere una libera scelta, tuttavia milioni di persone sono costrette a partire dalla loro terra a causa di persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria. Molti migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione.
Il diritto fondamentale è innanzitutto quello di non emigrare, se messi in condizione di rimanere nella propria terra. Questo può avvenire a condizione che il Paese, attraverso i suoi governanti, sia in grado di assicurare ai propri abitanti, soprattutto ai più vulnerabili, oltre alla libertà di espressione e di movimento, anche la possibilità di soddisfare necessità fondamentali quali il cibo, la salute, il lavoro, l’alloggio, l’educazione.
È questo un impegno di cui tutta la Comunità internazionale deve farsi carico, nel quadro di una responsabilità globale, finalizzata al bene comune, che non può limitarsi ai soli interessi nazionali, dentro i propri confini. Lo sviluppo dei paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione di tutti i paesi, ci ricorda papa Francesco. La responsabilità e l’onere di trovare soluzioni non può essere di un solo Paese, ma va condivisa a livello globale.
Dobbiamo tristemente ammettere che tra noi sono molti coloro che faticano a guardare le persone migranti come fratelli e sorelle. Non dimentichiamo che, come tanta bellezza e tanto lavoro, hanno portato gli Italiani nel mondo, così anche l’Italia e il suo territorio oggi riceve da altri popoli un grande arricchimento.
Renderci disponibili all’accoglienza, alla condivisione, consente di diventare anche noi più ricchi umanamente e culturalmente. Anche le nostre comunità cristiane possono arricchirsi col contributo che gli stranieri con la nostra stessa fede possono offrire, condividendo il cammino delle loro Chiese, per costruire insieme un mondo come una fraternità. La migrazione non può essere quindi semplicemente subita, ma va governata.
Il Papa ha usato 4 verbi che formano la strada, i passi del governo delle migrazioni.
1.ACCOGLIERE, ossia stabilire delle relazioni, conoscere le persone nella loro identità e nella loro storia.
2. TUTELARE, ossia riconoscere che alcuni migranti hanno bisogno di protezione. È il caso delle donne in gravidanza, alle madri sole con i figli, di minori non accompagnati, le vittime della tratta, i richiedenti asilo e protezione.
3.PROMUOVERE, cioè, valorizzare da subito le capacità dei migranti, attraverso un titolo di soggiorno che faccia incontrare domanda e offerta di lavoro, che eviti i lunghi mesi di limbo occupati da chi sfrutta e crea contrapposizione salariale
4. E infine INTEGRARE, cioè, riconoscersi a vicenda con le diverse culture e religioni nel rispetto e nella tutela della “convivenza delle diversità, di riconoscimento della cittadinanza, a partire dai ragazzi studenti.
La società di oggi non può che essere costruita sul meticciato, che già oggi costituisce il 25% di nascite di figli da genitori di diverse nazionalità e famiglie miste. Proprio come frutto della convivenza e delle differenti culture può nascere una società fondata sull’incontro, la conoscenza, l’amicizia e la fraternità.
Oscar card. Cantoni